In questo numero: Werner Herzog sulla tecnologia, notizie sul vaccino Covid-19 in televisione, l’esordio di Futuranetwork e quattro scenari. Most of it is in Italian, but for English readers there is some thinking at end…
Hello world!
Here we are with the first issue of the “media ecology” newsletter. We have met online and you have been looking at my newsletters before. If you don’t want to get this one, please unsubscribe. But if you want to know about the evolution of our views of the world emerging in a messy and strange mediasphere, then you should give this newsletter a chance.
I write from Italy. We have been through a hell of a problem with the Covid-19 outbreak. But my question is: did we make it worse than it already was by creating a sort of obsession out of it? In the media there has been a battle for democracy: authoritarian forces were prepared to get the most of the opportunity, and liberals seemed to be too exhausted to fight for human rights. But, as it often happens here in Italy, a tragic setting morphed into a comedy.
So I switch to Italian. And if you want to go ahead with English, just go down a few paragraphs.
Benvenuti dunque. Oggi, dopo un omaggio alla saggezza di Werner Herzog, parliamo di come le aspettative sul vaccino dipendano da quale televisione si guarda. E proseguiamo con la formulazione di quattro scenari. Uno dei quali è orribile. Vale la pena di fare qualcosa.
Perché l’ecologia dei media ci sta lanciando segnali chiari. L’inquinamento ha raggiunto livelli inaccettabili e ora si tenta di ripulire la situazione. Ma è difficile. Cercheremo in queste periodiche newsletter di discutere di come possiamo creare una situazione più sana nell’ambiente mediatico nel quale viviamo. Siamo in contatto da tempo e avete ricevuto la precedente versione della newsletter. Se questa non vi va, perdonatemi e fate unsubscribe.
Già. Parlare di media ecology è diventato necessario come parlare di qualità dell’ambiente. Perché i media danno forma all’ambiente nel quale percepiamo di vivere. Perché viviamo l’ambiente con i sensi aumentati - influenzati - dallo schermo e dai media. Fotografiamo di tutto. Sottolineiamo i momenti da vivere registrandoli in un video. Non solo stiamo sul telefono due o tre ore al giorno. Ma lo apriamo almeno cento volte al giorno, in media, quindi più o meno ogni dieci minuti di veglia. Il che significa che il nostro cervello è attratto incessantemente dal desiderio di accenderlo. Senza peraltro rinunciare a stare ore davanti alla televisione. I momenti equivalenti a una corsa all’aria aperta, forse, sono quando si prende in mano un libro. O, per gli ottimisti, quando si prende in mano un giornale. Ogni vuoto fa paura e la radio o un podcast riempiono i momenti nei quali si fa qualcosa con le mani e gli occhi, come andare in macchina o fare da mangiare. Il tempo è segnato dai media. E lo spazio ne è invaso: le mappe si sono sovrapposte ai luoghi, con le loro scritte, le direzioni consigliate, le pubblicità più o meno nascoste. Tutta la vita quotidiana è mediatizzata. E l’economia lo sa: persino comprare qualcosa è entrare in contatto con un significato, con un messaggio, con una speranza. La pandemia non ha fatto che esasperare ancora di più la presenza della rete digitale nella vita di molti lavoratori chiamati a contribuire all’azienda da casa su piattaforme più o meno soddisfacenti, mentre i ragazzi studiavano su computer usati in modo appassionato, talvolta creativo e volenteroso, talvolta informe e sciamannato da scuole e università che si sono arrangiate a offrire un servizio reso impossibile dalla clausura. E gli umani che hanno creato quei media, sviluppano pensieri che a loro volta hanno la forma degli spazi mediatici ne quali vivono. Nell’ecologia dei media evolve la cultura: è nostra responsabilità non lasciare che questa evoluzione sia insostenibile, banalizzante, violenta e falsa, ma combattere perché sia crativa, semplice, costruttiva e autentica.
Forse valeva la pena di richiamare queste cose per presentare il tema gigantesco che abbiamo scelto di affrontare con questa newsletter. Se non vi va, vi prego perdonatemi. E, appunto, fate unsubscribe. Ma se per caso lo trovate importante, considerate di leggere questa newsletter: contiene letture, proposte, fatti e segnalazioni.
Il maestro Herzog spiega i limiti dello sviluppo tecnologico
Spiega il regista Werner Herzog, in un’intervista del 2016: «Oggi ci sono in giro circa tre miliardi e mezzo di telefoni dotati di telecamera: hanno creato miliardi di filmaker o avuto un impatto significativo sulla fotografia? Non direi. Gli amatori non avranno la meglio perché, oltre allo strumento tecnico, serve una visione, la capacità di raccontare storie, un pensiero critico».
È uno straordinario modo per spiegare che la tecnologia non basta a cambiare il mondo: senza immaginazione non si sa che cosa farsene. E giustamente Serafino Murri ha usato questa frase a esergo del suo ultimo libro: “Sign(s) of the times. Pensiero visuale ed estetiche della soggettività digitale”, Meltemi 2020.
Quando arriva il vaccino? Nell’ecosistema dei media le risposte variano
Ken Frazier, ceo del gigante farmaceutico americano Merck, dice al Financial Times di dubitare che un vaccino contro il Covid-19 possa arrivare prima di 12-18 mesi. Ci potrebbero volere anni, piuttosto. Il che è credibile, visto quanto ci mettono i farmaci di solito a fare tutti i test che servono per consentire ai medici di prescriverli alle persone senza il timore di far loro del male ma anzi con la ragionevole speranza di far loro del bene. Quasi tutti i medici dicono che per il vaccino ci vorranno almeno 12 se non 18 mesi.
Eppure gli americani pensano diversamente intorno all’attesa per il vaccino, a seconda di quale televisione guardano. Se guardano Fox News pensano che ci vorrà un anno o più solo nel 51% dei casi, se guardano MSNBC pensano che ci vorrà più di un anno nel 78% dei casi e se guardano CNN nel 60% dei casi (CNN).
Futuranetwork per scrivere sulla stessa pagina
Futuranetwork è partito. È una rete di persone e organizzazioni che cercano di costruire una cultura del futuro, basata sui fatti di oggi e su forme di narrazione trasparenti e condivise. Gli articoli pubblicati su Futuranetwork sono a disposizione di chi li voglia ripubblicare citando e linkando la fonte anche sulla carta. Enrico Giovannini, Frans Timmermans, Piero Angela e molti altri erano alla presentazione di ieri. Futuranetwork non è un giornale ma un luogo di scambio e collaborazione. Darò una mano. E spero che possa dare un contributo: il nostro paese è fortissimo, nonostante tutto, ma tende a pensare al futuro come a un tempo dal quale difendersi in privato piuttosto che da costruire insieme in pubblico. Si può fare meglio da questo punto di vista. Su Futuranetwork si trovano esperienze di studio del futuro, notizie su fatti che possono avere forti conseguenze sul futuro, opinioni di esperienza e visione. Spero di poter ricevere consigli e contributi attraverso i canali sociali e le molte modalità di scambio che abbiamo sviluppato in rete. Futuranetwork è aperto.
Se volete scrivermi, andate sul mio account LinkedIN. E per favore aiutatemi a migliorare questo servizio per contribuire a comprendere come si può sperare in una ecologia dei media più sana.
Four scenarios: one of them is horrible
News keep breaking. Imagining the consequences is a difficult task. We do so only by choosing a narrative that connects the events that happened to those which can follow them. We cannot predict the future, but we do it anyway: as if the future were the next chapter of the story we think we are living.
This story we think we live in is not a fact. It is a choice, conscious or unconscious. Many of us think that there is only the story in which we think we are immersed. But there are people who work all day to build or recognize these kinds of stories. Those who stop and try to understand can be simply researchers or curious people. Those who try to get others into the story they think they are immersed in are visionaries, politicians, advertisers, leaders, conspirators, in short, propagandists, whatever their level of manipulative shamelessness. Then there are those who sincerely try to understand and make known what they have understood, who share opinions and research methods, waiting to be corrected by the facts. They do so in order to share with the rest of the community thoughts that can help others live as informed citizens.
Four scenarios
A classic format to discuss what story we are immersed in is called “scenario”. The Oecd does a lot of them. It is a conscious simplification of reality. Usually they are done by taking into account some variables that define the different possible storylines, each of which has a probability of happening; the current facts are placed within the different stories that guide the imagination of the consequences. The simplest scenarios are made up of two variables.
Let’s consider two variables, then: 1. How strong is a society’s ability to innovate. 2. How strong is the ability of a society to give itself a direction.
Innovation is done by people enabled by platforms and infrastructures. Direction is done by leaders within the set of rules that are meant to define the process of debating, chosing and enforcing decisions. Innovation improves products, technologies and organizations. Direction describes the goals of a society to generate win win situations. New things that don’t really improve products, technologies and organizations are just new things. Decisions that don’t generate win win situations are just forms of power.
There can be more or less innovation: this can be explained by evaluating the enabling systems and the quality of the people who are recruited. There may be more or less direction: this can be explained by assessing the quality of the leadership and the systems used to generate decisions.
Preconditions
Some preconditions can be considered stable:
1. The market is a set of relations between economic operators which, in connection with the system of rules, the political direction, the cyclical and structural problems of the population, constitutes a powerful information system even though it relates to its historical context.
2. Capitalism, as in Fernand Braudel’s lesson, is a set of economic powers based on the availability of exceptional economic resources, political alliances, monopolistic positions and others, which exploits any conjuncture or structure, including the state and the market, to maintain its economic power and its capacity to generate profit indefinitely.
3. A democracy is a system for deciding, and so is a dictatorship or an autocratic system, and are distinct from the inclusion in the decision-making system of a larger or smaller share of the population, according to criteria relating to the constitution, freedom and quality of information, the presence or absence of intermediate bodies, associations, political aggregations and so on.
4. An enabling, technological, scientific, regulatory, infrastructural, cultural system is the context from which new ideas, projects, innovative drives emerge and find the possibility of expressing themselves and realizing themselves in a more or less simple way.
Four stories
A. Techno-financial capitalism. A lot of innovation and lack of direction
It’s kind of a Silicon Valley stereotype on financial steroids. The companies are driving. They create new markets, they accumulate enormous capital, they attract finance, they write the algorithms and platforms and with the code with which they compose them they write the rules that define social life. They have no direction other than the one that their owners autocratically decide. But this is often more important at the beginning of their career and dissolves over time as heartless and brainless finance takes over the logic of their companies. They only care about what ultimately generates the profit. The attention that platforms collect is directed solely to the implementation of the business model. There is no value, social, cultural elaboration other than that of the individuals who live there: but it does not determine a directional system of innovation. Here innovation is a sort of integral part of the system, it serves the very existence of the system, it is motivated by the ideology according to which “every new version of a technology is always better than the previous one”. Nobody has to interfere: just let innovation go ahead and everything will be fine. The decision-making logic is self-referential.
B. Human progress. A lot of innovation and of direction
The creative force typical of a vital, open, empirically aware, culturally capable innovation ecosystem goes hand in hand with a leadership that takes the context issues concerning the consequences of development head-on. In this scenario, leadership deals with climate change, social polarization, educational poverty of the classes excluded from the winning economic dynamic, the organization of quality social relations, the issues related to the quality of information and so on. Because the leadership understands that innovation is the only way to solve the great problems of society, it works for innovation to flourish. But only by defining these problems and directing innovation towards their solution can the world be improved. Progress is not an acquired fact, generated by the self-referential logic of innovation, but is the result of cultural and political, value and intellectual elaboration, which serves to define the path that improves life. The decision-making system is open, attentive to the feedback that comes from reality and is able to effectively adapt the rules and investments in enabling systems to the emerging problems that society’s values indicate as priorities.
C. Technocratic bureaucracy. Little innovation and a lot of direction
The belief that certain values are those that society must achieve is in this scenario superior to the investment in the dynamics of change, adaptation, innovation. There is no need to change if the leadership knows all that is needed for what is believed to benefit society. There are many stories like this one. If, for example, a society is convinced that everything depends on the reduction of the public deficit and any government debt is a problem to be eliminated, the public budget becomes the totem of any decision-making system, well-being is a pie of a fixed size of which each player tries to win a bigger slice. The other players are not partners but simple opponents against whom you have to defend yourself and possibly attack. Europe, seen by European states, is often something like this: seen by the Netherlands, for example, Europe is a place where there are companies born in other states that can be attracted to pay taxes in the Netherlands by offering them tax advantages: in this way, the Netherlands takes resources away from other countries but improves its own budget and can give the lesson of fiscal rigor to others. If a bureaucratic technocracy fails to adapt its convictions to reality, and if it is not able to change, it blocks innovation, losing ground overall in global competition.
D. New Fascism. Little innovation and little direction
Problems pile up unresolved. Nobody invests in innovation. Social polarisation becomes unsustainable. Capitalism feels threatened. The ruling classes square off to avoid any interference of the protesting population in the decision-making system: because the cake is too limited and redistributing it would be too painful even for those at the top of the social pyramid. These are the premises for a victory of autocratic politics. Capitalism, which had perhaps flourished in a more open context, prefers to rely on unscrupulous leadership rather than let the less advantaged classes in society advance. Violence spreads.It becomes endemic. Strategies of tension, psychological and sometimes physical, emerge. Sooner or later, Fascism – in an updated form, but with a long lasting character, as Umberto Eco said – resurfaces and takes power. According to a poll by ixé, about 40% of Italians today would vote either for Lega or for Fratelli d’Italia.
Of course, all the above are just stories. We can chose the one we want to live in. But we should know that there will be consequences.
Questi argomenti dei quattro scenari si trovano anche in italiano sul mio blog in due post:
Quattro scenari sul mercato e la società dopo il COVID-19. Uno è orribile
Quattro scenari sul futuro: un ragionamento intermedio