Holidays happen, even in 2020. Here are some short readings. But let’s start with wishing all the best to some people with a responsibility.
[Comincio spesso in inglese solo perché alla fine molte letture consigliate sono in quella lingua. Spero solo che tutto questo possa essere di qualche utilità. Nella consapevolezza che il mio compito è migliorare molto questo servizio].
Buon lavoro
Buon lavoro a Paolo Granata, nuovo presidente dell’associazione Media Ecology. Buon lavoro a Guido Scorza, che comincia il suo mandato al Garante per la protezione dei dati personali. Buon lavoro a Enrico Resmini che si trova alla guida del Fondo Nazionale Innovazione e che non avrà molto tempo per riposare in agosto, visto che alla fine dei conti tutto il 2021 sarà segnato dalla capacità degli italiani di progettare il proprio futuro in modo innovativo e coerente con le migliori pratiche internazionali. Buon lavoro ai colleghi della commissione che si occupa dell’odio online e che riprenderà il lavoro prossimamente sperando di agire con saggezza in un contesto dominato dall’insensatezza.
Si devono superare i limiti del possibile in un paese nel quale l’esperienza insegna che all’apparenza niente è possibile mentre invece tutto è possibile per chi non si fa troppo notare. Non è un bene.
L’apparenza inganna. Il segreto anche
Una meschina ma pesante dimostrazione di questo gioco dell’apparenza e del segreto in Italia? I documenti secretati delle discussioni al Comitato tecnico scientifico che ha avuto l’Italia in mano nei mesi dell’epidemia. Repubblica.
Non è scienza quella che non si confronta e non mette le sue teorie e le sue osservazioni a disposizione della comunità scientifica che le deve valutare. Non è democrazia quella che non si confronta con l’informazione pubblica. Non è scienza e non è democrazia quella che non cerca la conoscenza ma serve solo al sistema delle decisioni: è autocrazia. Quella sede decisionale che ha comandato in Italia durante l’epidemia doveva chiamarsi Comitato tecnico autocratico.
Il segreto è un debito verso la conoscenza pubblica. Forse qualcuno prima o poi lo salderà.
Abbiamo un futuro?
In questo contesto, abbiamo un futuro?
Calma: è solo una domanda. E, tanto per anticipare la conclusione, la risposta è “sì”. Ma il percorso per arrivare a quella risposta non è così ovvio.
«There is no "ahead" in a world that is an echo chamber of instantaneous celebrity.» - Marshall McLuhan, 1964. There is something magic in this quote, published by Bruce Rosenstein.
Non c’è futuro in un mondo ridotto a una bolla autoreferenziale per celebrità istantanee, diceva appunto Marshall McLuhan nel 1964. Se l’ambiente mediatico attraverso il quale ci facciamo un’idea della realtà è totalmente dominato dalla competizione per l’attrazione di attenzione, non c’è narrazione ma soltanto una ripetizione di opinioni chiuse nel cerchio terribile della ricerca immediata di consenso: opinioni che non si confrontano con la realtà ma che cercano di circoscrivere una realtà a uso e consumo di chi le esprime. Se non c’è una storia ma soltanto una continua ripetizione, allora non c’è passato e dunque non c’è futuro.
A che cosa ci riferiamo quando ci domandiamo se abbiamo un futuro?
Nell’ecologia dei media le strutture hanno un valore immenso per la generazione di senso («il mezzo è il messaggio») e questo pone al centro dell’attenzione ciò che ha lunga durata. Non per nulla, l’idea di McLuhan appena citata era adatta per l’epoca in cui la televisione prendeva possesso della cultura popolare delle società occidentali come per il tempo dei social network che vendono l’attenzione degli utenti agli inserzionisti pubblicitari.
In questo senso l’ecologia dei media converge con l’approccio storico di Fernand Braudel che ha studiato il mondo proprio a partire dalla lunga durata. I fatti, per Braudel, si esauriscono nel bagliore di un attimo; le congiunture e le mode hanno un andamento ciclico molto importante; ma alla base di tutto ci sono le strutture storiche, i comportamenti ripetitivi, le sfide permenenti della geografia e dell’ecologia. Le civiltà, questi immensi concetti che solo i grandi storici riescono a maneggiare, sono insiemi di individualità, mode e strutture. Ma di per sé si muovono al ritmo dei millenni.
La storia non è la scienza che studia il passato ma la disciplina che studia il tempo. Dunque si occupa del passato, del presente e del futuro. O meglio dei futuri. Perché in ogni istante ci sono molti futuri possibili.
I futuri si possono leggere nei fatti, nelle tendenze di fondo, nelle qualità evolutive delle strutture. E nelle grandi crisi che scoperchiano i fenomeni di fondo della società, questi futuri appaiono in tutta la loro maestosa ambiguità.
Per noi italiani, il futuro sarà scritto dai progetti che sapremo sviluppare adesso, in vista dell’economia avviata dagli investimenti europei dei prossimi due o tre anni, con la buona volontà di realizzarli nel modo migliore. Inutile lamentare il fatto che gli altri europei vorranno vedere la qualità dei nostri progetti prima di darci il via.
Parole chiave... Programma. Progetto. Prospettiva. Progresso. Prosperità.
Il programma europeo prevede che ci si facciano progetti di valore, nel quadro di una prospettiva comune di progresso, che conduca alla prosperità condivisa. I “pro” sono molti, in questa fase della storia.
Stiamo avviando una fase della storia nella quale l’innovazione tecnologica ed economica si orienta nella direzione che la società sceglie di dare al proprio destino.
Il progresso si può conquistare. In uno scenario ottimistico, la leadership è pragmatica e si adatta al feedback che viene dalla realtà ma mantiene la barra dei valori dritta verso finalità giuste per tutta la comunità; mentre l’innovazione non è fine a sé stessa ma è ispirata dai valori che la società esprime. Immaginazione del futuro e sistemi incentivanti convergono.
Il regresso si può verificare. Il fascismo è fatto di un potere autoreferenziale e di una forma di innovazione senza senso che non si confronta con la realtà ma soltanto con un’ideologia del potere. Ogni cosa è essenzialmente piegata allo scopo di ottenere la massima conservazione di tutto, a favore del potere politico ed economico esistente che, in questo modo, punta soltanto a perpetuarsi.
«In today’s world, citizenships needs to have three aspects: loyalty to democratic political and legal institutions and the values of open debate and mutual tolerance that underpin them; concern for the ability of all fellow citizens to lead a fulfilled life; and the wish to create an economy that allows the citizens and their institutions to flourish». Martin Wolf, Financial Times. Vedi anche: Progresso e fascismo; Quattro scenari; Abbiamo un futuro?
Reading
Nouriel Roubini - Revisiting the White Swans of 2020
European Science-Media Hub - RETHINK project : a look at the future of science communication
Oecd - Fighting Disinformation
Oecd - Four scenarios. One of them is horrible
Nòva - L’indipendenza degli umani dalle macchine
Labont - Post-coronial Studies. The world after COVID
New York Times - AirBNB was like a family
Cbinsights - Reopening the office
Vedi anche il Guardian su Facebook e la democrazia e il New York Times su Il boicottaggio della pubblicità su Facebook.